Le leggende dicevano di tempi di consegna biblici, ma insperatamente il corriere è arrivato in anticipo rispetto alle indicazioni del sito: quindi ecco i due iPad.
Uno brilluccica e l’altro no, solo perché uno è stato privato del celophane prima dello scatto della foto. Saltando a pié pari la domanda “perché li abbiamo comprati” (sviluppare applicazioni per iPad ci sembrava di per sé una buona scusa), ecco le prime considerazioni.
- Banale dirlo, ma l’esperienza di spacchettare un oggetto Apple di per sé sgonfia le perplessità che si hanno nella fase di inserimento dei dati della carta di credito. La matericità del cartone, la cartotecnica sopraffina, la chiavetta per aprire lo slot della sim... Unica pecca: manca il panno per pulire lo schermo. E visto che lo schermo è l’unico dispositivo di interazione, ce lo aspettavamo incluso... (uovo, dov’è il tuo pelo?)
- Si accende. Si tocca. Si muove. Proviamo la tastiera, miracolo! Scrive. Il punto è che scrive proprio bene, non si rimpiangono i tasti in rilievo (ovvio: con qualche benevola concessione al fatto di scrivere su un dispositivo mobile).
- L’iTunes obbligatorio dà sempre un po’ d’ansia, almeno a chi ha cancellato in passato le sue playlist con altri cugini di iPad a causa di sincronizzazioni non sempre trasparenti. Ma con un po’ di tatto e non lasciandogli tutto il controllo, le cose funzionano in modo eccellente.
- Comincia il cammino verso la produttività individuale; la fase di “riempimento” che la precede è sempre galvanizzante, fatta com’è di ricerca, scoperta, sperimentazione, entusiasmi e delusioni (a un nerd basta poco per emozionarsi). Fino ad allora, si galleggia in una piacevolissima improduttività individuale, che ha l’indistruttibile alibi della matrice professionale (anche in famiglia nessuno obietterà. O quasi).
Avvertenze: dopo 3 giorni scatta la sindrome da “mai più senza”.